Terapie restaurative per traumi dentali

Terapie restaurative per traumi dentali

Introduzione: Il trauma dentale provoca danni ai tessuti duri e

malattia parodontale del dente oltre al danno estetico, l’obiettivo terapeutico è quello di ripristinare la salute parodontale e pulpare per prevenire complicazioni e soprattutto ripristinare l’estetica del paziente.

  1. COLLAGE DEL FRAMMENTO:

Con lo sviluppo dell’odontoiatria adesiva è diventato possibile ricollegare il frammento. Questa tecnica, descritta negli anni ’60 da Chosack e Eidelman, presenta diversi vantaggi clinici:

  • il colore e la morfologia sono identici;
  • psicologico, perché il paziente ritrova subito il suo dente;
  • facilità di implementazione, con il rispetto di un protocollo veloce e affidabile.

Dopo essersi assicurati che il dente e il frammento combacino perfettamente, quest’ultimo viene riattaccato, bordo a bordo, alla corona fratturata.

La decisione di incollare un frammento può quindi essere guidata da criteri molto semplici:

  • (1) il frammento recuperato rappresenta più del 90% del volume mancante;
  • (2) il frammento può essere riposizionato in modo univoco sulla linea di frattura.
  1. COME CONDIZIONARE IL FRAMMENTO E IL DENTE DI APPOGGIO?
    • i frammenti fratturati sono solo leggermente influenzati dalla natura dell’ambiente in cui sono conservati.
    • Sono validi mezzi di conservazione il siero fisiologico o, in alternativa, l’acqua del rubinetto o il latte.
    • Se il frammento è stato mantenuto asciutto, sarà necessario consentire alla rete di

collagene dentinale da reidratare prima dell’adesione immergendolo in soluzione fisiologica per alcuni minuti.

  • Prima di qualsiasi procedura di bonding, il dente e il frammento devono essere liberati da qualsiasi pellicola organica superficiale (macrodetriti e/o pellicola proteica).
  1.  QUALE PROTOCOLLO DI LEGAME?
  • Le superfici (del dente e del frammento) vengono condizionate in modo identico, utilizzando i consueti sistemi adesivi.
  • Si dà la preferenza ai sistemi adesivi in ​​tre fasi, cosiddetti di quarta generazione: mordenzatura con acido ortofosforico al 35-37% per 30” a 45” sullo smalto e

per 10” a 15” sulla dentina, applicazione attiva del primer di adesione alla dentina per 20” a 30”, applicazione dell’adesivo. L’adesivo deve essere steso in uno strato

fine (spruzzo d’aria) e non polimerizzabile. Il frammento viene poi posizionato sul dente e il tutto viene fotopolimerizzato

  • Nel caso in cui il frammento non sia completo, è preferibile posizionare il frammento, rimuovere l’eccesso di adesivo, polimerizzare e quindi completare le parti mancanti stratificando il composito restaurativo, essendo generalmente sufficiente la massa dello smalto.
  • L’esperienza clinica dimostra che la qualità del posizionamento, l’intimità del contatto delle superfici, associata al rigoroso isolamento del campo operatorio, sono i punti chiave della prognosi

Gli unici svantaggi del riattacco del frammento potrebbero essere:

  • possibile decolorazione della rima di frattura (il paziente deve essere avvisato di non abusare di nicotina, caffeina, teina, ecc.).
  • discromia del frammento riattaccato dovuta alla disidratazione della dentina sottostante;
  • Se la procedura non viene eseguita in modo rigoroso, senza campo operatorio o senza rispettare il protocollo, c’è il rischio che il frammento si stacchi e, poiché è già stato trattato, sarà più difficile ottenere una buona seconda saldatura, anche se si tenterà sempre di farlo.
  1. RESTAURO DIRETTO SU COMPOSITO:

Dal punto di vista clinico, i traumi ai denti anteriori generano carie di classe IV. Un concetto fondamentale per la buona riuscita dei restauri diretti in composito è il rispetto della morfologia originale del dente da restaurare e, soprattutto, il raggiungimento di un aspetto naturale del dente, il più vicino possibile ai denti naturali, grazie alle tecniche di stratificazione del composito.

  • Si consiglia vivamente di utilizzare le chiavi guida per la laminazione.

Queste chiavi, realizzate in silicone e generalmente palatali per una cavità di classe IV, possono essere realizzate secondo diversi protocolli:

  • direttamente in bocca, in base alla morfologia iniziale del dente da restaurare (sostituzione di un’otturazione esistente o provvisoria la cui morfologia è ritenuta soddisfacente)
  • indirettamente su un modello sul quale la realizzazione di una ceratura avrà permesso di ricreare un’anatomia dentale estetica e funzionale.
  • La chiave palatale consentirà quindi di collocare nella posizione corretta la faccia palatale del dente da restaurare e di iniziare così la stratificazione secondo l’anatomia appropriata.
  • Il secondo passaggio consiste nell’individuazione e nella costruzione della/e faccia/e prossimale/i.
  • Ora arriva la stratificazione vera e propria.
    • il nucleo dentinale viene prima ricreato la stratificazione della dentina, viene stabilita secondo l’istoanatomia reale e non presunta del dente
    • Per la ricostruzione dello strato di smalto è importante sapere che un paziente giovane avrà uno spessore di smalto maggiore (circa 1 mm), un paziente adulto uno spessore intermedio (circa 0,5 mm), un paziente anziano uno spessore minore (tra 0,2 e 0,5 mm). Allo stesso modo,

Quanto più giovane è il paziente, tanto più opaco e quindi luminoso è lo smalto (i denti appaiono più bianchi). I pazienti adulti e anziani necessitano più spesso dell’uso delle cosiddette masse dello smalto

“neutro” (leggermente traslucido), a volte più traslucido (aspetto più grigiastro).

  • La giunzione smalto-dentina, o più precisamente il complesso smalto-dentina (strato organo-minerale naturale che lega lo smalto alla dentina) viene ricreata anche per mezzo di uno strato sottile (0,2 mm) di composito fluido traslucido e fluorescente interposto tra gli strati di dentina e smalto. La riproduzione di questo complesso influenza significativamente la riflessione/trasmissione della luce nel composito e consente una maggiore mimica.
  • Per quanto riguarda la scelta dei materiali, per la stratificazione della dentina si preferiscono i compositi con le migliori qualità meccaniche; i cosiddetti compositi microibridi costituiscono quindi la scelta di riferimento.
  • Per la stratificazione dello smalto possono essere utilizzati compositi micro-ibridi, ma è consigliabile impiegare un composito nano-ibrido omogeneo per la

ultimo strato di smalto (piccole cariche dello stesso volume). Questa famiglia più recente di compositi unisce buone proprietà meccaniche (spesso inferiori a quelle dei compositi microibridi) a proprietà ottiche e lucidabilità senza pari.

  • Le fasi di finitura e lucidatura completano la sequenza. Sono una parte tanto cruciale quanto la stratificazione vera e propria e non dovrebbero essere

trascurato. Da questo dipendono la morfologia finale, le condizioni della superficie e la lucidatura finale, che costituiscono una parte importante dell’aspetto estetico del restauro.

  1. SFACCETTATURE :

Per perdite di sostanze voluminose sempre più utilizzato e indicato in particolare grazie all’impiego della ceramica feldspatica ha un modulo di elasticità da 60 a 70 GPa, molto vicino a quello dello smalto, che è di 80 GPa.

Le resine composite, al contrario, hanno una rigidità media di 20 GPa, il che, dal nostro punto di vista, limita il loro utilizzo ai restauri diretti.

  1.  TRATTAMENTO DELLA DISCROMIA :

La discromia dentale è una conseguenza comune dei traumi. Colpiscono più spesso un incisivo, compaiono immediatamente o tardivamente (da pochi giorni a qualche anno dopo il trauma) e possono essere causati da diversi fenomeni:

  • un’emorragia pulpare post-traumatica iniziale che rivela un aspetto “rosa”

“, che può essere reversibile, mantenendo il dente normale vitalità e colore in queste situazioni favorevoli.

  • Una colorazione intrinseca, permanente, “grigia” e più o meno marcata è dovuta alla fissazione nella dentina degli ioni ferrici provenienti dai prodotti di degradazione dell’emoglobina (emosiderina, emina, ematina ed ematoidina);
  • fissazione della dentina delle proteine ​​derivanti dalla necrosi pulpare;
  • eziologie iatrogene, secondarie a trattamenti endodontici incompleti (in particolare corni pulpari non puliti) o all’uso di materiali cromogeni per otturazioni canalari o coronali;
  • – infine e a più lungo termine, l’apposizione reattiva della dentina, innescata in risposta all’infiammazione della polpa e che determina la completa obliterazione del sistema canalare, produce una modifica delle proprietà ottiche del dente che diventa sempre più opaco e saturo.

Lo sbiancamento dei denti è il risultato dell’azione del perossido di idrogeno. Questo agente attivo può essere applicato direttamente oppure essere il prodotto di una reazione chimica che coinvolge perossido di carbammide o perborato di sodio. Il perossido di idrogeno agisce come un forte ossidante attraverso la formazione di radicali liberi e anioni superossido (H+, O2–, HO2-, HO–, HOO–).

Queste molecole altamente reattive sono in grado di scindere le lunghe catene di molecole cromoforhe in catene più corte, più solubili e meno colorate.

Possiamo quindi comprendere perché le colorazioni causate dalla migrazione di ioni metallici (coni d’argento, amalgame) non possano essere eliminate da questo tipo di reazione chimica.

L’applicazione dei prodotti sbiancanti può essere effettuata sulle superfici dentarie esterne (smalto vescicale) e/o interne (dentina della camera pulpare).

La cautela e il buon senso clinico portano attualmente all’uso di prodotti a bassa concentrazione (perossido di idrogeno al 4-6%, perossido di carbammide al 10-12%, perborato di sodio + acqua), senza aggiunta di calore. I risultati si ottengono sicuramente meno rapidamente, ma sono potenzialmente perfettamente equivalenti e in genere anche più duraturi. Occorre tuttavia sottolineare che, in linea di principio, i risultati restano effimeri (in media da 1 a 5 anni di stabilità) e che i trattamenti dovranno comunque essere rinnovati più volte nel corso della vita del paziente, motivo in più per privilegiare gli approcci considerati meno aggressivi.

Le tecniche di sbiancamento dentale possono quindi essere considerate a pieno titolo tecniche non invasive o minimamente invasive nel trattamento delle discromie post- traumatiche . In associazione ai restauri diretti in composito, offrono una soluzione terapeutica da considerare come trattamento di prima linea rispetto a qualsiasi alternativa protesica. Tuttavia, è opportuno rispettare un periodo di 2 o 3 settimane quando si vogliono applicare tecniche adesive dopo lo schiarimento. In questo modo si completa la remineralizzazione dello smalto superficiale e l’incollaggio può essere effettuato in condizioni ottimali.

Terapie restaurative per traumi dentali

  Le carie non curate possono dare origine ad ascessi dolorosi.
Le carie non curate possono dare origine ad ascessi dolorosi.
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