RUOLO DELL'ORTODENTISTA NELLA CHIRURGIA ORTOGNATICA

RUOLO DELL’ORTODENTISTA NELLA CHIRURGIA ORTOGNATICA

    RUOLO DELL’ORTODENTISTA NELLA CHIRURGIA ORTOGNATICA

Introduzione

Destinata inizialmente al trattamento di sindromi importanti, la chirurgia ortognatica ha visto moltiplicarsi le sue indicazioni, grazie all’instaurarsi di un dialogo tra chirurgo e ortodontista e alla semplificazione delle procedure chirurgiche e post-operatorie. Questi trattamenti ortodontico-chirurgici mantengono indicazioni precise e non devono essere sistematizzati. 

È l’ortodontista che per primo esamina il paziente, ed è lui che quindi stabilisce l’indicazione all’intervento chirurgico. Sarà poi lui ad accompagnare quest’ultimo prima dell’intervento durante la preparazione pre-operatoria, e a rivedere sistematicamente il paziente alla fine dell’ospedalizzazione per perfezionare l’occlusione. 

1/Indicazione di terapia chirurgica:

Il trattamento chirurgico delle dismorfosi dipende da alcuni criteri:

l – La gravità della dismorfosi e il danno estetico associato.

2-La natura ereditaria dell’anomalia osservata.

3-Le caratteristiche evolutive usuali di questo tipo di dismorfosi. Pertanto, la classe scheletrica III, le asimmetrie facciali e i grandi eccessi verticali tendono spesso a peggiorare durante la crescita.

4- Il tipo di crescita del paziente, la cui stima è alquanto casuale.

Le indicazioni ai protocolli chirurgico-ortodontici riguardano:

l- sindromi maggiori: queste gravi anomalie craniofacciali, spesso accompagnate da notevoli danni estetici, richiedono protocolli chirurgici complessi e spesso precoci.

2- gravi spostamenti scheletrici che superano le possibilità di compensazione alveolare o le cui ricadute estetiche richiedono il ripristino chirurgico dell’equilibrio e dell’armonia del viso.

3- trattamenti ortodontici con rischio estetico: in alcuni casi la malocclusione, in particolare l’aumento dell’overjet incisale, fornisce un sostegno alle labbra, riducendo al minimo le ripercussioni della dismorfosi sull’estetica del viso. È il caso, ad esempio, della classe II divisione 1 in uno schema scheletrico ipodivergente, in cui la retrazione degli incisivi mascellari rischia di scavare sfavorevolmente il profilo nasomentoniero.

4- ricadute o fallimenti terapeutici legati ad una crescita sfavorevole o ad una mancanza di cooperazione durante la fase ortopedica.

  2/Ruolo dell’ortodontista nella pianificazione della terapia:

La strategia terapeutica si basa sull’osservazione clinica e sull’analisi di esami aggiuntivi. Questo dialogo è spesso organizzato attorno a simulazioni occlusali e soprattutto cefalometriche: configurazioni pre-chirurgiche. Permettono di visualizzare l’impatto delle diverse terapie considerate, di valutarne la fattibilità e di coordinarle. 

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2-1 Preparazione ortodontica prechirurgica

Calendario terapeutico

Anche quando l’indicazione chirurgica è precoce, la chirurgia ortognatica viene effettuata solo alla fine del declino, intorno ai 16 o 17 anni nelle ragazze, ai 18 anni nei ragazzi, per evitare i rischi di recidiva legati alla crescita tardiva sfavorevole della mandibola , soprattutto in classe III e nelle asimmetrie.

La preparazione ortodontica viene solitamente eseguita subito prima dell’intervento chirurgico, intorno ai 15 o 16 anni di età, a seconda della durata stimata e della data presunta dell’intervento.

Obiettivi della preparazione ortodontica

Questa fase ortodontica soddisfa quattro obiettivi essenziali:

 1- Gestire i problemi intra-arcata: come un trattamento ortodontico classico, garantisce:

 – risoluzione dell’affollamento e correzione delle distopie dentarie , 

 – la collocazione dei denti inclusi;

 – il ripristino, se possibile, della simmetria degli archi.

Nel contesto del trattamento chirurgico-ortodontico, l’analisi dei requisiti di spazio rimane identica a quella del trattamento ortodontico classico. La scelta delle possibili estrazioni e le modalità di chiusura degli spazi devono però integrare le esigenze dello scompenso alveolare.

-2 Compensazioni alveolari di sollevamento

L’ortodontista deve rimuovere tutte le compensazioni alveolari e dare al chirurgo l’ampiezza dei movimenti necessari per la correzione scheletrica. Bisogna quindi ristabilire, a livello dei rapporti occlusali, uno scarto identico ai movimenti chirurgici previsti. Si peggiorano quindi i rapporti interarcata attraverso: l’uso di trazioni mascellari inverse: TIM di classe II in classe III e TIM di classe III in classe II; scelte di estrazione inversa: 15, 25, 34 e 44 nelle classi II e 14, 24, 35 e 45 nelle classi III.

In direzione sagittale, il sollevamento dei compensi alveolari aggrava l’overjet e induce uno spostamento delle labbra che aumenta il danno estetico. Il paziente deve essere informato prima del trattamento delle conseguenze estetiche di questa fase che possono essere difficili da sopportare psicologicamente. La soppressione delle compensazioni alveolari riguarda le tre dimensioni dello spazio. 

 -3 Assicurare la congruenza degli archi

L’intercuspidazione più perfetta possibile al termine della procedura garantisce una buona stabilità post-operatoria. La preparazione ortodontica deve quindi

armonizzare le forme dell’arco, gestire eventuali discrepanze trasversali e ottenere un allineamento ottimale. La disgiunzione intermascellare chirurgica pre-ortodontica è indicata quando la sutura è ossificata e vi è una discrepanza tra i diametri intercanini mascellare e mandibolare. Come la disgiunzione ortodontica, crea spazio sull’arcata consentendo di correggere determinati problemi di affollamento mascellare senza estrazione. Sembra una distrazione.

 In questo caso l’ortodontista deve rimuovere le compensazioni alveolari trasversali e correggere la vestiboloversione dei settori laterali. Peggiora l’occlusione trasversale e quindi ripristina nella maggior parte dei casi un’occlusione inversa bilaterale.

Per garantire questo obiettivo di intercuspidazione, la maggior parte delle rifiniture ortodontiche deve essere eseguita prima dell’intervento chirurgico.

4-Fornire un ancoraggio per il dispositivo di ritenzione post-operatoria: gli archi chirurgici, grandi archi rettangolari con perni saldati o agganciati, costituiscono un ancoraggio affidabile e rispettoso del parodonto per il blocco intermascellare intraoperatorio durante l’osteosintesi ma soprattutto durante la contenzione post-operatoria.

2-2 Valutazione pre-chirurgica

In assenza di punti di riferimento intermascellari, l’ortodontista controlla l’avanzamento della preparazione realizzando dei modelli sui quali valuta la congruenza delle arcate.

Al termine della preparazione ortodontica viene effettuata una nuova valutazione preoperatoria sulla base dei modelli e delle nuove radiografie o di una TAC del paziente. Se gli obiettivi della preparazione ortodontica sono stati raggiunti, la data dell’intervento viene stabilita congiuntamente dall’ortodontista e dal chirurgo.

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 2-3La tavolozza chirurgica: Citiamo per dovere di cronaca:

  – Osteotomie mascellari totali di Le Fort I, Le Fort II.

  – Osteotomie mandibolari totali (scissione sagittale DALPONT-OBWEGESER.

  – Genioplastiche a scopo funzionale ed estetico.

  – Chirurgia dell’ambiente muscolare (cheiloplastica, glossoplastica, ecc.).

Il chirurgo deve rispettare il gioco dell’articolazione temporo -mandibolare ,

equilibrio muscolare, continuità ossea e fascio neurovascolare. Per ripristinare l’equilibrio funzionale e l’armonia estetica del viso, a volte è necessario ricorrere alla combinazione di un intervento di chirurgia del contorno (profiloplastica) o di un intervento di chirurgia plastica muscolare.

2-4 Fase post-operatoria:

Durante questa fase, il chirurgo, l’ortodontista e il team multidisciplinare associato devono portare a termine quattro missioni essenziali.

Supporto psicologico al paziente

Questa è la fase maggiormente rischiosa di questi trattamenti, anche se a lungo termine i vari studi evidenziano i benefici di questi interventi: la radicale trasformazione apportata dall’intervento chirurgico può avere importanti ricadute psicologiche. Il paziente non si riconosce più e deve riacquistare la sua immagine. La perdita della propriocezione peggiora questo disorientamento. Inoltre, l’edema postoperatorio non gli consente di comprendere chiaramente il risultato ottenuto.

Monitoraggio e contenimento del risultato chirurgico

L’anestesia labiomentoniera transitoria è comune nelle osteotomie mandibolari con divisione sagittale. Il recupero è più o meno rapido.

La contenzione delle osteotomie è attualmente assicurata principalmente dal dispositivo di osteosintesi, in particolare dalle piastre in miniatura. Il blocco mediante trazione intermascellare, di durata variabile, perpetua l’intercuspidazione

massimo ottenuto. Non interessano i settori posteriori delle arcate per evitare qualsiasi sovraccarico articolare.

Stabilire un nuovo equilibrio neuromuscoloscheletrico

L’intervento interrompe i meccanismi propriocettivi e induce contratture muscolari e mancanza di coordinazione. Le trazioni intermascellari, oltre alla loro funzione di contenimento, alleviano la muscolatura orofacciale e mettono in sicurezza il paziente durante questa fase di incoordinazione. Al termine di questa fase di contenzione, un’attenta fisioterapia consente di ristabilire un nuovo equilibrio neuromuscoloscheletrico, di rieducare le funzioni e di ripristinare l’ampiezza dei movimenti mandibolari.

Per mantenere la stabilità del risultato può essere necessaria la riabilitazione delle parafunzioni o disfunzioni apparse o persistenti. In questa fase l’occlusodontista deve predisporre il monitoraggio dell’ATM per monitorarne l’adattamento alle nuove condizioni anatomiche e fisiologiche.

2-5 Finiture ortodontiche

Classicamente, questa fase di ortodonzia post-chirurgica è limitata (da 3 a 8 mesi a seconda degli autori e dei casi), perché la maggior parte del lavoro di rifinitura ortodontica è stata eseguita prima dell’intervento. Il suo scopo principale è quello di stabilire l’occlusione e di correggere gli effetti parassiti della trazione intermascellare sulle coppie anteriori e laterali e sulle ultime imperfezioni. (diastemi, rotazione, ecc.)  

Conclusione

Grazie alla stretta collaborazione tra l’équipe chirurgo-ortodontista, ai progressi delle tecniche chirurgiche e della diagnostica per immagini, la chirurgia ortognatica offre soluzioni sempre più efficaci nel trattamento delle dismorfosi facciali. Aiuta a riequilibrare

lo scheletro facciale garantendo la riarmonizzazione estetica e la normalizzazione funzionale.

Le distrazioni completano la gamma delle osteotomie e aprono altre possibilità di trattamento.

Una delle maggiori difficoltà per l’ortodontista resta, in alcuni casi limite, quella di valutare precocemente la necessità di un intervento, essendo incerta l’evoluzione legata alla crescita.

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