LESIONI INTERRADICOLARI: Diagnosi e Classificazione

LESIONI INTERRADICOLARI: Diagnosi e Classificazione

LESIONI INTERRADICOLARI: Diagnosi e Classificazione

  1. Introduzione 

La malattia parodontale provoca la distruzione dei tessuti duri e molli che sostengono il dente. Nei denti multiradicolati, ciò può causare l’esposizione della forcazione.

Questa zona ha un’anatomia complessa ed è di difficile accesso sia per il paziente che per l’operatore. Ciò si traduce spesso in uno scarso controllo della placca, che alimenta l’infiammazione e la progressione della malattia.

A causa della difficoltà di accesso e della particolare anatomia della zona della forcazione, la decisione terapeutica e il successo del trattamento del coinvolgimento interradicolare hanno sempre rappresentato una sfida per i clinici.

  1. Definizione di lesioni interradicolari

La lesione interradicolare corrisponde ad una perdita parziale o totale del sistema di ancoraggio e dell’osso alveolare all’interno della zona interradicolare. Questa zona anatomica è delimitata coronalmente dalla biforcazione e lateralmente dalle superfici radicolari fino all’apice.

Le biforcazioni solitamente coinvolgono i molari mandibolari e i primi premolari mascellari; meno frequentemente incisivi, canini, premolari mandibolari e secondi premolari mascellari.

 Le triforcazioni si osservano principalmente sui molari mascellari; meno frequentemente sui primi premolari mascellari e mandibolari.

PARTE III Alcuni concetti e definizioni essenziali 

 3.1. Aree furcativitoriali

Per i primi molari mascellari si distinguono tre zone di biforcazione: vestibolare, mesiale, distale.  

I primi molari mandibolari hanno una sola zona di forcazione: vestibolo-linguale. Le sedi più colpite sono le facce distali dei primi molari mascellari (TAL e LEMMER, 1982) e le facce vestibolari dei molari mandibolari (MAC FALL 1982).

3.2. L’ingresso alla biforcazione:

Nel complesso, le forcazioni dei molari mandibolari sono posizionate più coronalmente rispetto alle forcazioni dei molari mascellari.

La posizione e il diametro dell’ingresso della biforcazione variano a seconda dei denti interessati. Quanto più gli ingressi sono apicali, tanto meno sono esposti agli attacchi batterici.

3.3. Il tronco della radice

Corrisponde alla parte anatomica comune delle radici dello stesso dente che si estende dalla JAC alla forcazione. 

Esistono tre tipi di bauli: 

  • tronchi corti: lunghezza inferiore o uguale a un terzo dell’altezza della radice; 
  • tronchi medi: lunghezza compresa tra metà e due terzi dell’altezza della radice; 
  • tronchi lunghi: lunghezza superiore a due terzi dell’altezza della radice.
  1.  Il complesso delle radici 

Corrisponde alla parte del dente situata apicalmente al JAC. Questo complesso comprende il tronco radicale e le radici, che possono essere convergenti, divergenti, parallele o fuse (totalmente o parzialmente).

LESIONI INTERRADICOLARI: Diagnosi e Classificazione

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                                   Figura I: Il complesso delle radici. 

         F: biforcazione; lAC: giunzione smalto-cemento; TR: tronco della radice; 

                                        CR; complesso radicale.

VI. Classificazioni delle lesioni interradicolari

La classificazione delle lesioni delle forcazioni consente di inserirle in categorie, che specificano per ciascuna di esse sia la diagnosi della lesione sia l’approccio terapeutico.

         4.1. Classificazione di GLICKMAN (1974): 

Questa classificazione si basa sull’entità della distruzione parodontale; vengono stabilite quattro classi:

  • Classe I: questa lesione colpisce il desmodonte a livello della forcazione, senza evidenza clinica o radiologica.
  • Classe II: in questa condizione si verifica un’alveolisi a livello di una o più facce della forcazione. Tuttavia, le strutture parodontali sono ancora intatte, quindi consentono solo una penetrazione parziale della forcazione da parte della sonda di Nabers. La radiografia rivela una piccola area di rarefazione ossea. 
  • Classe III  : in questa situazione la forcazione è maggiormente interessata, ma può essere ostruita dalla gengiva. La gravità di questa lesione è indicata dalla lisi ossea interradicolare che consente il passaggio completo della sonda in direzione vestibolo-linguale o mesio-distale.
  • Classe IV  : in questo caso il parodonto è così interessato che la forcazione è aperta, consentendo così un facile accesso alla sonda. 

  4.2. Classificazione di HAMP, NYMAN e LINDHE (1977) 

Questa classificazione comprende tre classi: 

  • Classe I  : è caratterizzata dalla perdita orizzontale dei tessuti di supporto che non supera un terzo della larghezza del dente. 
  • Classe II  : è caratterizzata dalla perdita orizzontale dei tessuti di supporto che supera un terzo della larghezza del dente ma non raggiunge la larghezza totale dello spazio interradicolare. 
  • Classe III  : è caratterizzata da distruzione orizzontale dei tessuti di supporto a livello dello spazio interadicolare.

   4.3. Classificazione di GOLDMAN e COHEN (1977) 

  • Classe I : si tratta di una lesione precoce, non trasversale. È presente una lisi ossea orizzontale inferiore a 3 mm all’interno della biforcazione. 
  • Classe II : si tratta di una lesione senza uscita, non passante. È presente una lisi ossea orizzontale di oltre 3 mm che però non attraversa l’intera larghezza della forcazione.
  • Classe III : si tratta di una lesione significativa e trasversale. Si ha una lisi ossea orizzontale, la sonda di Nabers attraversa la zona interradicolare da un lato all’altro.

         4.4. Classificazione di TARNOW e FLETCHER (1984) 

La classificazione del coinvolgimento della forcazione si basa sulla profondità del riassorbimento osseo verticale dal soffitto dello spazio radicolare. 

  • Sottoclasse A: difetto osseo verticale da 1 a 3 mm. 
  • Sottoclasse B: difetto osseo verticale da 4 a 6 mm 
  • Sottoclasse C: difetto osseo verticale > 7 mm.

        4.5. Classificazione LINDHE (1989): 

  • Classe 1: la sonda non penetra più di 3 mm nello spazio interradicolare. 
  • Classe 2: la sonda penetra per più di 3 mm nello spazio interadicolare. 
  • Classe 3: la sonda attraversa completamente la biforcazione.

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V. Eziologie delle lesioni interradicolari: 

  5.1. Eziologia batterica: 

La placca dentale è riconosciuta come causa necessaria e determinante delle lesioni interradicolari di origine parodontale. Questi batteri distruggeranno gradualmente i tessuti parodontali profondi, attorno ai denti e interradicolarmente, rilasciando grandi quantità di metaboliti ed enzimi proteolitici; i loro effetti dannosi sono aumentati dalla risposta dell’ospite, che produce mediatori infiammatori che partecipano anche alla distruzione dei tessuti. 

La presenza di batteri parodontopatogeni è essenziale per l’insorgenza della malattia, ma nessuno studio dimostra una specificità batterica all’origine di queste lesioni ossee. 

5.2. Fattori anatomici: 

Diverse peculiarità morfologiche legate alla biforcazione o alle radici dei molari contribuiscono all’eziologia delle lesioni interradicolari: 

  • Lunghezza del tronco cervicale dentale: più è corto il tronco radicolare, più è vulnerabile alla malattia parodontale. 
  • Concavità delle forcazioni e delle radici: molto frequenti sui molari mandibolari, sono zone di ritenzione della placca. 
  • Larghezza dello spazio interradicolare e grado di divergenza delle radici: più ampio è lo spazio o più divergenti sono le radici, più osso spugnoso ci sarà, maggiore sarà la vascolarizzazione e quindi migliore sarà la resistenza all’aggressione e il potenziale di riparazione. 
  • Creste e solchi delle forcazioni: aree che consentono la colonizzazione batterica tramite ritenzione di placca, difficili da raggiungere. 
  • Malposizionamento dentale, affollamento, versione: fattori naturali che favoriscono la ritenzione della placca. 

 5.3. Fattori istologici: 

Una ridotta superficie di vascolarizzazione dell’osso interradicolare con fragilità del legamento desmondentale contribuisce all’impianto di lesioni interradicolari. 

 5.4. Fattori iatrogeni: 

Limiti protesici sottogengivali, restauri sporgenti, superfici ruvide, perforazioni dirette verso la forcazione possono contribuire alla formazione di lesioni interradicolari. 

5.5. Fattori occlusali: 

L’alveolisi può essere mirata alla biforcazione senza causare troppa distruzione prossimale. Ciò avviene perché le forze occlusali provocano modifiche nelle strutture dei tessuti e alterazioni vascolari nella regione interradicolare. In presenza di infiammazione, il trauma occlusale può portare al riassorbimento, localizzato in particolare a livello della forcazione. 

5.6. Fattori endodontici:

Un dente con patologia di origine puramente endodontica può presentare una lesione radiografica evidente a livello della zona interradicolare. Ciò è dovuto all’ingrossamento del legamento parodontale causato dall’infiammazione o dalla presenza di canali accessori. 

  5.7. Fattori embriologici:

  • Nel caso di proiezioni dello smalto: le fibre connettive non riescono ad ancorarsi

sulla superficie dello smalto segue l’adesione epiteliale con un epitelio giunzionale più o meno lungo (13% dei molari).

  • Le perle di smalto causano difetti di indebolimento dell’attacco connettivo 

l’ermeticità della giunzione gengivo-dentale.

  • Ipoplasia atipica del cemento: l’assenza di cemento può portare a una 

attacco indebolito e sito privilegiato per l’impianto batterico.

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VI. L’approccio diagnostico 

La classificazione delle lesioni interradicolari è necessaria per diagnosticare il tipo di lesione ma non è sufficiente per elaborare un approccio diagnostico e orientare efficacemente la strategia terapeutica. Per determinare con precisione il quadro clinico, adattare il trattamento e prevedere il potenziale di guarigione delle lesioni, è necessario tenere conto di altri dati clinici.

6.1. Dati clinici relativi al paziente 

  • Salute generale  : 

Devono essere prese in considerazione tutte le condizioni generali e i fattori di rischio che alterano le risposte immunitarie o di guarigione (malattie sistemiche, fumo, farmaci, ecc.) perché hanno un impatto negativo sulla guarigione delle lesioni parodontali.

  • Il livello di igiene orale

Uno scarso controllo della placca dentale mantiene la presenza di biofilm batterici responsabili della distruzione dei tessuti, portando a lesioni interradicolari.

  • Il tipo di parodontite 

Oltre alle eziologie endodontiche e iatrogene, le lesioni interradicolari corrispondono a sequele tissutali della parodontite indotta dalla placca dentale. Queste lesioni non devono essere considerate come singolarità. La loro gestione non può quindi essere concepita al di fuori del contesto del trattamento globale delle malattie parodontali.

6.2. Dati clinici relativi al dente

  • La posizione del dente sull’arcata 

La mancanza di accessibilità di un dente complica il controllo della placca e la pulizia delle superfici radicolari. Questo criterio clinico è quindi fondamentale nel processo decisionale. 

  • Mobilità dei denti 

La mobilità dei denti è un importante criterio diagnostico che interferisce anche con la prognosi. Un’eccessiva mobilità laterale o assiale è un segno clinico sfavorevole che interrompe il processo di guarigione e rende difficili le manovre igieniche.

  • Relazioni con i denti adiacenti e antagonisti 

La presenza di traumi occlusali è considerata un fattore di rischio locale per il peggioramento delle lesioni ossee, ostacolando il processo di guarigione.

  • Integrità coronarica e presenza di anomalie coronariche 

La perdita di sostanza coronale e le anomalie dentarie (perle e proiezioni dello smalto, difetti intrinseci, ecc.) favoriscono la ritenzione della placca dentale. La loro gestione deve essere parte integrante del piano di trattamento finale. 

  • L’ambiente mucoso

 Durante l’esame clinico è necessario analizzare la quantità e la qualità della gengiva aderente che ricopre il difetto osseo. Una gengiva aderente alta e spessa garantisce una qualità di copertura notevolmente più elevata, facilita inoltre le manovre igieniche e consente maggiori possibilità terapeutiche.

  • La morfologia delle radici e dei tronchi radicali 

Le radici lunghe e larghe garantiscono un migliore ancoraggio osseo rispetto alle radici corte e sottili. La morfologia complessa delle radici rende difficile la levigatura radicolare. Allo stesso modo, la posizione delle radici le une rispetto alle altre e la morfologia dei tronchi radicali influenzano il potenziale di guarigione. 

  • Lo stato dell’endodonto 

La necrosi dentale e l’infezione endodontica secondaria possono generare o aggravare un difetto osseo di origine parodontale.

6.3. Dati clinici relativi alle lesioni interradicolari

  • Associazione con lesione intraossea 

L’associazione di una lesione interradicolare e di una lesione intraossea nello stesso dente peggiora la prognosi e rende complesso il trattamento.

6.4. Mezzi di valutazione 

  • Sondaggio parodontale 

Il sondaggio è il gold standard per determinare la gravità delle perdite di attacco e localizzarle in relazione alle superfici dei denti. Questa indagine viene eseguita con una sonda parodontale graduata classica per le perdite parodontali e con una sonda di Nabers (corta, millimetrica) per la misurazione della componente orizzontale delle lesioni interradicolari. La componente verticale, invece, viene stimata in prima istanza direttamente sull’immagine retro-alveolare.

  • Esami aggiuntivi

L’esame radiografico è essenziale per la diagnosi delle lesioni interradicolari . L’immagine retroalveolare è preferibile all’ortopantomografia, considerata notevolmente meno precisa a causa delle numerose deformazioni geometriche. 

Tuttavia, questi esami standard sono bidimensionali e quindi presentano delle limitazioni, motivo per cui la tomografia a fascio conico o tomografia volumetrica a fascio conico rappresenta un’alternativa interessante. Molti studi dimostrano, infatti, la sua superiorità in termini di potere di rilevamento delle lesioni interradicolari qualunque sia la loro configurazione. La sua indicazione deve quindi essere riservata a situazioni cliniche difficili che richiedono una diagnosi differenziale.

CONCLUSIONE

Tenere conto della morfologia delle lesioni interradicolari è fondamentale per scegliere correttamente il trattamento individuale per ogni tipo di lesione. La diagnosi delle lesioni interradicolari non è solo clinica; richiede anche un esame radiografico complementare. 

La gestione delle lesioni interradicolari non legate ad un atto iatrogeno o a un danno pulpare non può essere concepita al di fuori del contesto della malattia parodontale e rappresenta solo una tappa della terapia complessiva.

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