IL RUOLO DELL’ORTODENTISTA NELLA CHIRURGIA ORTOGNATICA
I/- INTRODUZIONE
Il campo della chirurgia maxillo-facciale è molto vasto, comprende interventi molto diversificati che agiscono al limite delle terapie ortopediche e funzionali.
La chirurgia maxillo-facciale agisce sia sui tessuti duri che su quelli molli per migliorarne l’estetica e la funzionalità e richiede una stretta collaborazione tra chirurgo e ortodontista.
Quest’ultima può verificarsi prima, durante o dopo l’intervento chirurgico e costituisce un elemento essenziale per stabilire l’approccio terapeutico.
II/- STUDIO DIAGNOSTICO ED ELEMENTI DECISIONALI
II-1/- Studio diagnostico
L’impostazione di una terapia chirurgica o chirurgico-ortodontica richiede un esame clinico completo del paziente, per valutare al meglio la tipologia e l’entità della dismorfosi nonché le motivazioni del paziente, che possono essere di natura estetica o funzionale.
Questo approccio terapeutico viene eseguito simultaneamente dai due specialisti.
Per quanto riguarda l’ortodontista, si procede come segue:
1)- Anamnesi
a)- Valutazione psicologica
Ciò avviene attraverso un semplice colloquio con il paziente, che esprimerà facilmente le sue motivazioni ascoltandolo più che interrogandolo.
Le motivazioni possono essere:
- Funzionale : ciò implica:
- Da fastidio durante la masticazione dovuto a deficit occlusale.
- Da uno squilibrio occlusale senza possibilità ortodontiche.
- Difficoltà di adattamento dovuta alla perdita parziale o totale dei denti, dovuta allo spostamento delle basi.
- Estetico : conseguente a un difetto nell’aspetto del viso, dovuto ad esempio a una deviazione del mento.
- Psicologico : il soggetto non gradisce l’aspetto del suo viso che presenta un deficit e si sente male con se stesso.
Tutti questi elementi aiutano l’operatore a determinare il background psicologico del paziente e le possibilità di realizzare l’atto terapeutico.
b)- Anamnesi patologica
- Anamnesi ortodontica
La sua esistenza consente, in collaborazione con l’ortodontista che segue il paziente, di chiarire la diagnosi effettuata e di stabilire un piano di trattamento congiunto. - Contesto generale
Permette di determinare l’esistenza di:- Da un difetto patologico che controindica l’intervento.
- Da un deficit mentale che impedisce l’assistenza e il monitoraggio postoperatorio.
- Determinare lo stadio di crescita ossea.
2) Esame clinico
a) Analisi delle deformazioni
Permette soprattutto di notare l’impatto esterno della deturpazione sul viso e sull’occlusione, a riposo e durante i movimenti funzionali.
b) Studio dei disturbi funzionali
L’esame di tutte le funzioni orofacciali è di fondamentale importanza, poiché qualsiasi anomalia a questo livello può compromettere il risultato finale dell’intervento e dare luogo a recidive.
Ciò significa che qualsiasi trattamento chirurgico-ortodontico deve essere preceduto dalla riabilitazione delle funzioni disturbate.
c) Esame dentale e occlusale
Permette di apprezzare:
- L’importanza della dismorfosi.
- Possibilità ortodontiche.
- I problemi di spazio disponibile.
- Gli effetti dei trattamenti chirurgici sull’occlusione.
- Gli effetti dell’occlusione su altri componenti del sistema stomatopatico.
d) Esame parodontale
È essenziale perché qualsiasi infortunio potrebbe modificare la prognosi a lungo termine. Per alcuni autori, le lesioni parodontali preesistenti negli adulti sono aggravate dai movimenti ortodontici e dall’occlusione traumatica, che favoriranno la chirurgia ortopatica per evitare i rischi di rizalisi riducendo i movimenti dentali. Per KENT e HIND, gli unici problemi parodontali si trovano a livello della linea di osteotomia verticale tra due denti, con un piccolo spazio interdentale.
3) Esame radiografico
Complemento essenziale, consente, grazie a tecniche e indici, di stabilire una diagnosi precisa della dismorfosi maxillo-mandibolare.
a) TLRX
Grazie alle analisi cefalometriche, specificano e quantificano la dismorfosi.
- Di profilo
- Permettono di studiare la posizione degli elementi dentali, ossei e alveolari in direzione sagittale e verticale.
- Dal fronte
- Vengono utilizzati nei casi di asimmetria.
b) Radiografia del polso
Permette di determinare l’età ossea.
c) Tomografie
Fornisce informazioni sui casi di asimmetria e sul movimento dell’articolazione latero-mandibolare, sia anteriormente che lateralmente rispetto ai condili.
d) L’ortopantomografia
Permette una panoramica delle arcate alveolo-dentali e rileva la presenza o l’assenza di inclusioni o deformazioni cistiche, nonché la visualizzazione dei condili, della simmetria e della forma mandibolare.
e) Il retroalveolare
Permette una visualizzazione precisa dell’area chirurgica e delle relazioni della linea di sezione con i denti.
f) Xerografia e scansione
Forniscono informazioni accurate sui tessuti molli e duri.
II-2/- Elementi della decisione
La terapia chirurgico-ortodontica deve tenere conto di diversi fattori, tra cui:
- Patologie associate
Non bisogna mai perderle di vista, poiché la loro gestione potrebbe allungare o addirittura modificare il programma terapeutico. - Età
L’età del paziente è un punto essenziale nella cura chirurgico-ortodontica.
La regola è aspettare:
- Per le dismorfismi predefiniti, l’evoluzione dei secondi molari permanenti e l’inizio regolare delle mestruazioni nelle ragazze giovani. (età media: 15-14 anni).
- Per dismorfismi eccessivi, fine crescita (18 anni nei ragazzi, 16 anni nelle ragazze), dopo controllo radiografico del polso sinistro e successiva TLRX comparativa. Nonostante tutto questo, è importante tenere presente che esiste uno scatto di crescita terminale tardivo, soprattutto nei ragazzi.
Tuttavia, in presenza di una promandibulia eccessiva che risulta imbarazzante a livello funzionale e sociale, è necessario un intervento precoce.
- Motivazione
La motivazione iniziale del paziente, l’età, l’ambiente, la famiglia e il patrimonio culturale, nonché il profilo psicologico, sono tutti fattori da percepire, analizzare e tenere in considerazione nella decisione terapeutica. - Previsione dei gesti associati
La correzione delle dismorfosi maxillo-mandibolari può portare all’esecuzione di gesti aggiuntivi, come:
- Genoplastica.
- Correzione del setto nasale deviato.
- Rinoplastica…ecc.
III/- INTERRELAZIONE CHIRURGICO-ORTODONTICA E APPROCCIO TERAPEUTICO
L’avvio di un intervento di chirurgia ortognatica richiede la collaborazione tra chirurgo e ortodontista, perché qualsiasi azione monodisciplinare costringe il professionista a “barare” per ottenere risultati, che saranno comunque insoddisfacenti dal punto di vista estetico e funzionale. Questa collaborazione si basa sulla conoscenza reciproca delle due specialità per quanto riguarda:
- La nomenclatura.
- L’approccio diagnostico.
- Mezzi terapeutici.
Il trattamento ortodontico-chirurgico comprende cinque fasi, che si susseguono cronologicamente come segue:
- Fase 1 : preparatoria o di pianificazione e informazione.
- Fase 2 : Ortodonzia pre-chirurgica.
- Fase 3 : chirurgica.
- Fase 4 : Ortodonzia post-chirurgica.
- Fase 5 : contenimento e trattamenti aggiuntivi.
1) Fase 1 “preparatoria o di pianificazione e informazione”
In questa fase il paziente viene visitato separatamente dai due specialisti, al fine di:
- Per spiegare meglio le specificità del loro trattamento.
- Classificare i problemi in base al loro grado di gravità.
Dopo la sintesi delle soluzioni previste, viene stabilito congiuntamente il piano di trattamento e gli aspetti pratici dell’assistenza complessiva, sottolineando le fasi pre e post operatorie. Almeno tre mesi prima dell’intervento, il cavo orale verrà ripristinato in questa fase mediante:
- Attuazione di una buona igiene orale.
- Estrazioni e cure endodontiche.
- Restauri protesici temporanei, dopo la rimozione delle protesi dubbie e l’equilibratura occlusale.
- Trattamento parodontale se necessario, perché in alcune promandibulie è necessario effettuare innesti di mucosa vestibolare prima della scompenso per vestibolo-versione degli incisivi inferiori.
- Rivalutazione dentale e parodontale.
- Avulsione dei DDS inclusi almeno 6 mesi prima dell’intervento, evitando così il rischio di frattura ossea durante la scissione, o le difficoltà di posizionamento delle placche di osteosintesi mediante scissione bicorticale.
Oltre a questi punti, in questa fase è fondamentale anche:
- Esame della lingua e del suo comportamento, a riposo e in funzione, perché un aumento di volume potrebbe compromettere un’osteotomia mandibolare, volta a ridurre l’ambiente linguale.
- Cercare una posizione mandibolo-craniale affidabile.
- Si noti la relazione tra dismorfosi e questa posizione.
2) Fase 2 “ortodonzia pre-chirurgica”
Il suo scopo è:
- Per scompensare l’anomalia alveolo-dentale, in modo da evidenziare l’esatto spostamento delle basi.
- Pianificare gli spostamenti dentali da effettuare in funzione delle osteotomie, in modo che non ostacolino le procedure chirurgiche.
- Per allineare i denti correggendo le malposizioni e chiudendo o aprendo gli spazi di estrazione, nonché coordinare le due arcate verso un buon accoppiamento dentale, sia intra che post-operatorio.
Per questo motivo, l’apparecchio fisso comprenderà attacchi fino al secondo molare (i molari saranno legati), con dispositivi linguali posizionati in fase preoperatoria e destinati a ottenere un blocco bimascellare.
L’uso di archi continui consente un buon coordinamento trasversale e il livellamento delle arcate. D’altro canto, si opterà per archi segmentati nel caso di osteotomie segmentali, o per evitare recidive post-operatorie, a livello degli incisivi che potrebbero intrudere o uscire.
3) Fase 3 “chirurgica”
Il suo principio di base risiede nella realizzazione di simulazioni o allestimenti su: TLRX, calchi e fotografie, nonché sull’intervento chirurgico stesso.
4) Fase 4 “ortodonzia post-chirurgica”
- Se si tratta di un intervento con placche e viti, l’intervento inizia 3 o 4 settimane dopo.
- Altrimenti, da 6 a 8 settimane se si tratta di una fissazione intermascellare.
L’obiettivo di questa fase è:
- Per valutare l’apertura della bocca e le condizioni dell’apparecchio dopo l’intervento chirurgico.
- Per controllare il ripristino dell’ICM in RC dopo la rimozione della grondaia di ritenzione che, di default, potrebbe essere risolta mediante l’uso di TIM leggero e di breve durata su un arco flessibile (acciaio da 0,016″, rettangolare ritorto o NiTi).
- La durata di questa fase non dovrebbe superare le 6-8 settimane.
- Per controllare la direzione trasversale mediante una barra palatale rigida o un arco vestibolare posizionato nei tubi molari destinati all’FEO.
- Trovare gli stessi obiettivi occlusali di un trattamento ortodontico convenzionale, incluso il parallelismo delle radici se si verifica una divergenza nel caso di chirurgia segmentale.
5) Fase 5 “contenimento e trattamenti aggiuntivi”
Si tratta di perfezionare e rifinire i risultati ottenuti dopo l’intervento chirurgico con il loro mantenimento, la cui durata e tipologia variano a seconda della malocclusione iniziale.
IV/- PREVISIONI TERAPEUTICHE
Una volta effettuata la diagnosi, viene stabilito il piano di trattamento.
L’importanza dei movimenti ossei, delle arcate dentarie e dei tessuti molli desiderati, richiede la loro oggettivazione mediante simulazioni: cefalometriche, fotografiche e simulazioni dei movimenti delle arcate dentarie mediante calchi in gesso.
L’obiettivo della simulazione è:
- Per guidare la nostra terapia.
- Per visualizzare il risultato occlusale finale.
Il Set-up diventa obbligatorio ed essenziale nei casi di osteotomie multisegmentali dove l’ortodontista necessita di riferimenti per la sua preparazione.
D’altro canto, il Set-up ha il vantaggio di dare al paziente un’idea di come apparirà il suo viso dopo la correzione chirurgica.
V/- INDICAZIONI PER LA CHIRURGIA ORTOGNATICA
- Tutte le dismorfosi che necessitano di trattamento chirurgico-ortodontico necessitano:
- Stretta collaborazione tra ortodontista e chirurgo.
- Programmare una tattica precisa.
- Un’esecuzione molto rigorosa.
- L’impostazione delle proposte terapeutiche dipende essenzialmente dall’età del paziente.
- L’ideale per l’ortodontista è intervenire quando la disarmonia delle basi ossee è stata corretta chirurgicamente, ma l’intervento non può essere eseguito a nessuna età, senza rischiare gravi interruzioni della crescita o vedere recidive.
- Inoltre, finché sono ancora presenti i germi dentali (tranne il DDS), non è possibile eseguire un’osteotomia a livello dei rami orizzontali.
- Sembra ragionevole e prudente attendere la fine dell’adolescenza per intervenire sulle disarmonie eccessive (promandibulia), quindi intorno ai 17 anni nelle ragazze e ai 18 nei ragazzi.
- L’unica eccezione riguarda lo spostamento anteroposteriore della parte anteriore delle mascelle e lo spostamento posteroanteriore della mandibola.
- Sembra legittimo intervenire prima in presenza di una deformazione dovuta a sviluppo insufficiente come la retromandibulia, perché possiamo sperare che l’osteotomia non arresti la crescita ma la faciliti.
- In caso di anomalie monolaterali come la deformità latero-mandibolare, può essere opportuno ricorrere alla chirurgia intercettiva a livello del ramo ascendente e dei condili.
- Quando il soggetto è visto in età infantile (evento più frequente), la prima fase terapeutica sarà ortodontica (la più efficace); Il suo scopo è quello di armonizzare i portici.
- Si evita la tentazione di ristabilire un’occlusione funzionale.
- D’altra parte si correggono le cosiddette anomalie alveolari compensatorie (pro, retro) e poi si passa alla fase chirurgica.
- Quando il soggetto viene visto solo più tardi, nella tarda adolescenza o in età adulta:
- Se le posizioni errate non impediscono un buon innesto dell’arco, il primo passo potrebbe essere chirurgico. Corregge lo spostamento delle basi ossee. Il secondo sarà ortodontico.
- Se le malposizioni non consentono un buon accoppiamento , è necessario prima ridurre ortodonticamente e poi correggere chirurgicamente .
- Quando il soggetto presenta una stenosi craniofacciale importante come nel caso delle sindromi (APERT, CROUZON), i primi interventi saranno chirurgici, per poi procedere con il trattamento ortodontico. UN
VI/- CONCLUSIONE
Oggigiorno non passa giorno senza che l’ODF si arricchisca di nuovo materiale; di una nuova tecnica o intervento che faciliti e migliori i suoi servizi.
Tuttavia la sua azione è limitata ed è necessario saper riconoscere le aree in cui non può avventurarsi da solo; a causa di una mancanza di conoscenza o di un’anomalia troppo diffusa, riducendo le possibilità di successo.
In questi casi è necessario indicare un trattamento chirurgico, che non può essere effettuato senza la consulenza o la collaborazione dell’ortodontista.
Un intervento ortodontico-chirurgico di successo è quello che soddisfa criteri funzionali, fisiologici ed estetici, garantendo al contempo la stabilità dei risultati grazie ad un’occlusione stabile.







IL RUOLO DELL’ORTODENTISTA NELLA CHIRURGIA ORTOGNATICA
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