CIRROSI DEL FEGATO
OBIETTIVI
- Sapere come diagnosticare la cirrosi.
- Identificare le situazioni di emergenza e pianificarne la gestione.
- Discutere l’atteggiamento terapeutico e pianificare il follow-up del paziente.
- Descrivere i principi dell’assistenza a lungo termine.
- DIAGNOSI DELLA CIRROSI
- DEFINIZIONE
L’architettura normale del fegato è costituita da file regolari di epatociti, spazi portali e vene centrolobulari. La cirrosi è caratterizzata da una disorganizzazione diffusa dell’architettura epatica, con fibrosi anulare che delimita i noduli di epatociti in gruppi, chiamati noduli di rigenerazione. La dimensione media dei noduli è di circa 3 mm.
Tutte le malattie epatiche croniche, indipendentemente dalla causa, possono portare allo sviluppo della cirrosi quando il loro decorso è prolungato. La cirrosi solitamente si sviluppa solo dopo almeno 10-20 anni di malattia cronica.
A seconda dello stadio della malattia e della causa, le dimensioni del fegato possono essere aumentate, normali o diminuite (atrofia). I contorni del fegato sono irregolari. Le aree ipertrofiche possono coesistere con quelle atrofiche. Ciò provoca dismorfismi, evidenziati dagli esami di diagnostica per immagini. La consistenza del fegato diventa soda o dura, con un bordo anteriore “affilato”.
- LE DIVERSE FASI DI SVILUPPO E LE COMPLICAZIONI DELLA CIRROSI
In una fase iniziale sono presenti lesioni corrispondenti alla cirrosi, ma le funzioni epatiche sono relativamente conservate e non si verificano gravi complicazioni. Questa è la cirrosi compensata. In uno stadio più avanzato si nota una chiara alterazione delle funzionalità epatiche e si manifestano gravi complicazioni. Si tratta quindi di cirrosi scompensata.
Le complicazioni gravi della cirrosi possono includere:
- emorragie digestive correlate ad ipertensione portale (rottura di varici esofagee e/o gastriche);
- ascite (solitamente associata a edema);
- infezioni batteriche (comprese le infezioni del liquido ascitico);
- encefalopatia;
- sindrome epatorenale.
Nell’insufficienza epatica avanzata, spesso si associano malnutrizione e amiotrofia. Infine, la cirrosi espone al rischio di sviluppare un carcinoma epatocellulare. Questo rischio è dell’ordine dell’1-5% all’anno.
- DIAGNOSI DI CIRROSI
Nella pratica, la cirrosi è accompagnata da anomalie caratteristiche che possono essere dimostrate mediante esame clinico, semplici test biologici ed esami di diagnostica per immagini. Nella maggior parte dei casi, la diagnosi di cirrosi può essere ragionevolmente stabilita senza esame istologico del fegato, basandosi sull’associazione di segni di ipertensione portale e insufficienza epatica.
- Esame clinico
L’esame clinico può essere normale. Tuttavia, osserviamo frequentemente:
- segni di insufficienza epatocellulare:
- angiomi stellari prevalentemente nella parte superiore del torace,
- eritrosi palmare,
- unghie bianche,
- ittero congiuntivale o cutaneo,
- fetore epatico,
- negli uomini, ipogonadismo;
- e segni di ipertensione portale:
- ascite,
- dilatazione delle vene sottocutanee addominali (circolazione venosa collaterale),
- splenomegalia.
Quando il fegato è palpabile, la sua consistenza è soda o dura con un bordo inferiore irregolare. In caso di encefalopatia si possono osservare asterischi, confusione o, in uno stadio più avanzato, riduzione della vigilanza.
CIRROSI DEL FEGATO
- Anomalie biologiche
Gli esami del fegato potrebbero essere normali. Tuttavia, si riscontra frequentemente un aumento delle transaminasi (ASAT, ALAT). Potrebbe verificarsi un aumento dell’attività delle fosfatasi alcaline e della gamma glutamil transferasi.
I livelli di bilirubina possono essere normali o elevati. Nella maggior parte dei casi, l’aumento della bilirubina prevale sulla bilirubina coniugata.
L’insufficienza epatica provoca una diminuzione dei fattori della coagulazione (livelli di protrombina e fattore V). Il rapporto internazionale normalizzato è elevato. Negli stadi avanzati, l’insufficienza epatica è accompagnata anche da una diminuzione dei livelli di albumina.
L’ipertensione portale è accompagnata da ipersplenismo con una diminuzione fluttuante e moderata delle piastrine e dei leucociti. È comune l’anemia moderata. Nei casi di ascite di grandi dimensioni è spesso presente iponatriemia.
Nei casi di cirrosi secondaria ad eccessivo consumo di alcol, l’elettroforesi proteica evidenzia macrocitosi e blocco β-γ. Si può osservare un aumento significativo della ferritinemia, che non riflette la presenza di emocromatosi genetica associata. La saturazione della transferrina è inferiore al 60%.
- Esami di imaging ed endoscopia
L’ecografia è l’esame di diagnostica per immagini di prima linea. Deve essere sistematico. Le anomalie ecografiche associate alla cirrosi sono l’irregolarità dei contorni del fegato, i dismorfismi con atrofia di alcuni settori (spesso il lobo destro) e ipertrofia di altri settori (spesso il lobo sinistro), l’ascite, l’aumento delle dimensioni della milza, la presenza di vie collaterali di bypass venoso ( Fig. 19.1 ).
In caso di steatosi associata, il parenchima epatico presenta un aspetto iperecogeno. Questo aspetto può essere disomogeneo.
Macronoduli di rigenerazione possono essere visibili all’interno del parenchima epatico.
In caso di grave ipertensione portale, il flusso sanguigno nella vena porta può invertirsi (flusso epatofugo).
La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica sono esami di seconda linea. Non presentano alcun interesse particolare per la semplice diagnosi di cirrosi.
Oltre agli esami di diagnostica per immagini, la dimostrazione dei segni di ipertensione portale mediante gastroscopia (varici esofagee) è un forte argomento a favore della cirrosi in presenza di una malattia epatica cronica.
Fico. 19.1. Aspetto di cirrosi alla TC con dismorfismi, contorni del fegato irregolari e ascite
- Esame istologico
L’esame istologico conferma l’esistenza della cirrosi ( fig. 19.2 ). Può essere ottenuto da una biopsia percutanea se il tempo di protrombina è superiore al 50%, se le piastrine sono superiori a 50 × 109/L e se non è presente ascite voluminosa. In altri casi, la biopsia dovrebbe essere eseguita preferibilmente per via transgiugulare per limitare il rischio di emorragia.
CIRROSI DEL FEGATO
- Alternative non invasive alla biopsia
Il grado di fibrosi epatica può essere stimato mediante una combinazione di esami biologici del sangue ( Fibrotest® ) o elastometria ( Fibroscan® ). Il Fibrotest® fornisce una stima semiquantitativa del grado di fibrosi. L’elastometria si basa sull’analisi di un’onda ultrasonica propagata al fegato da una sonda paragonabile a una sonda ecografica. Questi due test non sono stati convalidati per tutte le cause di cirrosi.
- DIAGNOSI DELLA CAUSA DELLA CIRROSI
Le cause più comuni di cirrosi sono elencate nella Tabella 19.I.
Tabella 19.I. Cause della cirrosi negli adulti
- Diagnosi e valutazione della gravità
L’emorragia digestiva dovuta alla rottura di varici esofagee si manifesta con ematemesi e/o melena, associate ad anemia acuta (diminuzione del livello di emoglobina). L’esame obiettivo evidenzia pallore della pelle e delle mucose. C’è anche la tachicardia. L’assenza di tachicardia suggerisce l’assunzione di betabloccanti. In caso di emorragia massiva si può verificare ipotensione o addirittura uno stato di shock con marezzatura. In assenza di emorragia esterna, la melena deve essere ricercata mediante esplorazione rettale.
La gravità dell’emorragia viene valutata in base alla diminuzione della pressione sanguigna, alla tachicardia, all’aumento della frequenza respiratoria e alla perdita di coscienza. Un ematocrito misurato in una fase molto precoce (ad esempio durante l’assistenza domiciliare) può sottostimare la gravità dell’emorragia.
- Gestione dell’emorragia digestiva legata all’ipertensione portale
- Misure generali
I pazienti cirrotici con emorragia del tratto gastrointestinale superiore devono essere trasferiti in un’unità di terapia intensiva o di rianimazione.
Posizionare una o due linee venose periferiche di buon calibro e poi effettuare il riempimento vascolare con l’obiettivo di ottenere una pressione arteriosa media di circa 80 mmHg. Si possono utilizzare sia cristalloidi (ad esempio soluzione salina) sia colloidi.
La trasfusione è giustificata in caso di scarsa tolleranza all’anemia o se l’ematocrito è inferiore al 25% e/o se il livello di emoglobina è inferiore a 7 g/dL. L’obiettivo della trasfusione è raggiungere un ematocrito compreso tra il 25 e il 30% e un livello di emoglobina superiore a 7 g/dL.
Si consiglia di posizionare un sondino nasogastrico. Il suo scopo è verificare la presenza di sangue nello stomaco.
Non è raccomandata la correzione dei disturbi dell’emostasi mediante trasfusioni di plasma fresco congelato o di altri prodotti derivati dal sangue.
- Trattamento vasoattivo
È necessario istituire con urgenza un trattamento vasoattivo per ridurre la pressione portale.
Questo trattamento deve essere somministrato entro 2-5 giorni dal ricovero. Oltre questa fase iniziale, è necessario seguire una terapia a lungo termine con betabloccanti.
CIRROSI DEL FEGATO
- Profilassi antibiotica
La profilassi antibiotica sistematica riduce significativamente la mortalità.
- Endoscopia
Per stabilire la causa dell’emorragia è essenziale eseguire un’endoscopia digestiva superiore.
L’endoscopia può essere diagnostica (visualizzazione di varici esofagee, sanguinamento attivo o un tappo piastrinico aderente a una varice come prova di sanguinamento recente) o terapeutica, consentendo di arrestare un sanguinamento attivo.
CIRROSI DEL FEGATO
- Gestione dell’encefalopatia
L’encefalopatia è causata in parte dall’insufficienza epatica e in parte dagli shunt venosi porto-sistemici. Un’encefalopatia grave può verificarsi in un paziente cirrotico anche in assenza di insufficienza epatica significativa.
I fattori scatenanti più comuni sono:
- infezioni batteriche;
- emorragie digestive;
- assunzione di farmaci sedativi;
- insufficienza renale;
- iponatriemia profonda.
Il primo passo nella gestione è individuare uno di questi fattori scatenanti e correggerlo.
L’encefalopatia può essere accompagnata da una riduzione dello stato di vigilanza che può portare al coma profondo. In caso di dubbio, può essere giustificato eseguire una TAC cerebrale per escludere una causa organica (emorragia o ischemia).
In caso di alterazione della coscienza, il trattamento consiste essenzialmente nell’impedire l’inalazione del contenuto gastrico inserendo un sondino nasogastrico e ponendo il paziente in posizione semi-seduta. Se, nonostante queste misure, si manifestano congestione e grave ipossiemia (evento raro), potrebbe essere necessaria l’intubazione e la ventilazione assistita.
CIRROSI DEL FEGATO
- Gestione dell’infezione del liquido ascitico
L’infezione del liquido ascitico si verifica nel 10-30% dei pazienti ricoverati in ospedale con ascite cirrotica. Può manifestarsi attraverso:
- la febbre;
- dolore addominale;
- diarrea;
- iperleucocitosi;
- encefalopatia.
Nella fase iniziale l’infezione può essere asintomatica, da qui la necessità di eseguire una puntura esplorativa sistematica a ogni focolaio di ascite.
La diagnosi si basa sulla puntura esplorativa dell’ascite, che mostra un tasso di neutrofili polimorfonucleati superiore a 250/mm3. L’esame diretto è raramente positivo. La cultura non è sempre positiva. Tuttavia, i germi più spesso coinvolti sono gli enterobatteri. La batterioascite è definita da una coltura positiva con una conta dei neutrofili inferiore a 250/mm3 nell’ascite. Il trattamento si basa sulla somministrazione di antibiotici e di un’infusione di albumina. Si consigliano i seguenti schemi:
- cefotaxime, 1 g × 4/giorno EV;
- amoxicillina-acido clavulanico, 1 g – 0,125 g × 3/die con possibile ripetizione orale dopo 24 ore;
- ofloxacina, 200 mg/die per via orale o endovenosa.
La durata del trattamento è di 5-7 giorni. L’albumina deve essere somministrata alla dose di 1,5 g/kg il primo giorno e poi di 1 g/kg il terzo giorno.
- Gestione della sindrome epatorenale
La sindrome epatorenale corrisponde a un’insufficienza renale funzionale, che si manifesta in uno stadio avanzato della cirrosi e non viene corretta dal riempimento vascolare. La sindrome epatorenale si osserva più comunemente nei pazienti con grave insufficienza epatica (tempo di protrombina <50%) e ascite refrattaria. Si manifesta con l’oliguria, un rapido aumento della creatinina e dell’urea e un collasso della natriuresi. La prognosi della sindrome epatorenale è infausta e l’aspettativa di vita è di poche settimane.
Per definizione, la sindrome epatorenale non viene corretta dall’espansione del volume. Un riempimento vascolare efficace è un prerequisito essenziale per porre diagnosi di sindrome epatorenale.
- Discutere l’atteggiamento terapeutico e pianificare il follow-up del paziente
- TRATTAMENTO DELLA CAUSA
- Cirrosi alcolica ed epatite alcolica
Gli elementi di gravità in un paziente con cirrosi alcolica derivano più spesso dalla presenza di un’epatite alcolica aggiunta alla cirrosi che dalla cirrosi stessa. Oltre al recente consumo eccessivo di alcol, gli argomenti che suggeriscono l’esistenza di un’epatite alcolica sono l’ittero, un moderato aumento delle transaminasi predominanti sull’ASAT e l’iperleucocitosi. Potrebbe esserci febbre.
Il primo passo della cura è smettere di bere alcol. Nei casi di epatite alcolica grave, dopo aver valutato le controindicazioni infettive, si raccomanda una terapia corticosteroidea (prednisolone, 40 mg/die per 4 settimane) (dopo aver escluso la possibilità di un’infezione progressiva), perché migliora la prognosi. Per confermare la diagnosi di epatite alcolica è meglio eseguire una biopsia epatica.
Tuttavia, la biopsia non è essenziale per iniziare il trattamento. Il miglioramento dei sintomi dopo la sospensione dell’alcol e/o della terapia con corticosteroidi è lento. Potrebbero volerci dai 3 ai 6 mesi.
- Cirrosi secondaria a epatite B cronica
La replicazione virale deve essere quantificata mediante il test del DNA del virus B nel siero. Nei pazienti con elevata replicazione virale è necessario iniziare un trattamento antivirale. Nei casi di cirrosi scompensata, l’arresto della replicazione del virus B mediante trattamenti antivirali può essere accompagnato da una regressione delle complicanze e da un ritorno allo stadio di cirrosi compensata. Come nel caso dell’epatite alcolica, il miglioramento è lento.
- Cirrosi secondaria a epatite cronica C
Il trattamento antivirale standard si basa sulla combinazione di interferone pegilato e ribavirina. Tuttavia, nei casi di cirrosi, il beneficio del trattamento antivirale è limitato per i seguenti motivi:
- l’efficacia di questa associazione nell’interrompere la replicazione del virus C è inferiore nei pazienti cirrotici rispetto ai pazienti non cirrotici;
- la tolleranza al trattamento è meno buona;
- A causa dei frequenti effetti collaterali, spesso non è possibile somministrare dosi ottimali di interferone pegilato e ribavirina, il che contribuisce a limitare l’efficacia del trattamento.
- CIRROSI DEL FEGATO
In caso di cirrosi scompensata, la somministrazione di un trattamento antivirale è sconsigliata a causa dell’elevato rischio di peggioramento dell’insufficienza epatica. Nel complesso, è improbabile che il trattamento antivirale determini un miglioramento dei sintomi. È essenziale interrompere completamente il consumo di alcol. L’alcol contribuisce addirittura al peggioramento delle lesioni.
- Altre cause di cirrosi
In caso di steatoepatite non alcolica si raccomandano misure volte al controllo del sovrappeso, del diabete e della dislipidemia.
Non esiste un trattamento specifico per la cirrosi biliare primitiva e la colangite sclerosante primitiva. In caso di cirrosi biliare primitiva si raccomanda la somministrazione di acidi biliari (acido ursodesossicolico). L’effetto degli acidi biliari è tuttavia limitato.
In caso di epatite autoimmune, si raccomanda la combinazione di corticosteroidi e azatioprina quando la malattia è attiva.
La diagnosi di emocromatosi prevede l’avvio della deplezione del ferro tramite salasso. La diagnosi di sindrome di Budd-Chiari (ostruzione delle vene epatiche) giustifica l’inizio del trattamento anticoagulante. Infine, la diagnosi di malattia di Wilson (eccezionale) richiede la somministrazione di chelanti del rame (D-penicillamina) che, nel caso specifico, possono essere accompagnati da un miglioramento
notevole.
- Trattamento dell’ascite e dell’edema
- Gestione dell’ascite tesa
L’ascite tesa viene trattata con una puntura di evacuazione. Oltre alla natura tesa dell’ascite, la puntura di evacuazione è motivata da un disagio funzionale. La puntura di evacuazione deve essere accompagnata da un esame citobatteriologico. Non esiste alcun ostacolo all’evacuazione completa dell’ascite in un’unica seduta, anche se il volume è superiore a 5 litri. D’altro canto, meccanismi complessi fanno sì che l’evacuazione dell’ascite sia seguita dall’attivazione dei sistemi antinatriuretici e da disfunzioni circolatorie, contribuendo al deterioramento della funzionalità renale. Questa disfunzione deve essere prevenuta espandendo il volume. Oltre i 2 litri di ascite evacuata, si raccomanda l’infusione di 500 ml di colloidi per 2 litri di ascite evacuata. Un’alternativa è la somministrazione di albumina umana (14 g per 2 litri di ascite evacuata).
Tuttavia è più costoso. A parte l’infezione del liquido ascitico, la sua superiorità sui colloidi sintetici non è stata dimostrata.
- Trattamento delle riacutizzazioni dell’ascite
Il trattamento si basa su una dieta povera di sodio e diuretici. Una dieta povera di sodio con poche restrizioni (da 2 a 3 g di sale al giorno) è preferibile a una dieta più restrittiva che rischia di essere mal seguita e di portare a restrizioni alimentari.
I diuretici possono essere combinati fin dall’inizio con una dieta priva di sodio. Il diuretico di prima linea è lo spironolattone con una dose iniziale di 75 mg/die. La dose può essere aumentata fino a 300 mg/die a seconda della risposta, misurata in base alla perdita di peso e alla natriuresi. In assenza di una risposta sufficiente con lo spironolattone, è possibile associare la furosemide, iniziando con un dosaggio di 40 mg/die. La dose di furosemide può essere aumentata. Si raccomanda di non superare i 120 mg/giorno.
L’efficacia del trattamento dell’ascite si giudica in base alla riduzione della circonferenza addominale, alla riduzione del disagio funzionale e alla perdita di peso. Se l’ascite non è rilevabile mediante esame clinico, l’ecografia può essere utile per confermarne la scomparsa. L’istituzione di una terapia con diuretici richiede un monitoraggio regolare dello ionogramma del sangue per ricercare un’iponatriemia grave, un aumento della creatinina, iperkaliemia o ipokaliemia. Almeno ogni 2 settimane dopo l’inizio del trattamento, è necessario eseguire uno ionogramma del sangue. Quando il trattamento è equilibrato, il monitoraggio può essere distanziato.
Il trattamento dell’edema è lo stesso dell’ascite. L’evoluzione dell’edema è parallela a quella dell’ascite.
- Trattamento dell’ascite refrattaria
L’ascite refrattaria è definita come ascite che persiste o si ripresenta nonostante il trattamento medico ottimale.
Le diverse opzioni terapeutiche sono le punture di evacuazione iterative, lo shunt portocavale intraepatico transgiugulare (TIPS), le diversioni peritoneogiugulari chirurgiche e il trapianto di fegato.
- Ernia ombelicale
L’ernia ombelicale è una complicanza comune dell’ascite refrattaria. I rischi principali sono lo strangolamento e la rottura dell’ernia.
- Encefalopatia cronica
L’encefalopatia cronica è una rara complicazione della cirrosi . Si verifica preferibilmente nei pazienti che hanno sviluppato grandi shunt portosistemici spontanei, che hanno ricevuto TIPS o che hanno una concomitante insufficienza renale cronica.
CIRROSI DEL FEGATO
- Gestione delle comorbilità
Nei pazienti cirrotici le comorbilità sono comuni. Possono essere collegati alle conseguenze del consumo eccessivo di alcol, del fumo, del sovrappeso o anche della tossicodipendenza attiva o passata.
Nei pazienti affetti da cirrosi alcolica e/o fumatori è consigliabile effettuare una valutazione otorinolaringoiatrica ed esofagea dettagliata per ricercare lesioni preneoplastiche o neoplastiche. Dovrebbe essere effettuata anche una valutazione cardiovascolare
eseguiti su pazienti fumatori. Se necessario, la gestione del diabete dovrebbe essere ottimizzata.
- Invio al trapianto
Il trapianto di fegato resta l’unico trattamento radicale e duraturo nei casi di cirrosi scompensata e senza la possibilità di migliorare la funzionalità epatica attraverso un trattamento specifico.
Le principali complicazioni che dovrebbero portare a prendere in considerazione un trapianto sono:
- grave compromissione epatica con una diminuzione del tempo di protrombina inferiore al 50% (o un aumento dell’INR superiore a 1,7);
- ittero;
- ascite refrattaria;
- un’infezione del liquido ascitico;
- episodi ripetuti di encefalopatia;
- encefalopatia cronica;
- episodi ripetuti di emorragia digestiva nonostante il trattamento appropriato.
Nei pazienti con cirrosi alcolica, il trapianto viene in linea di principio preso in considerazione solo dopo 6 mesi dalla completa cessazione dell’alcol (per evitare che l’insufficienza epatica migliori spontaneamente).
In caso di cirrosi virale B con significativa replicazione virale, il trattamento antivirale è un prerequisito essenziale.
Oltre alle complicazioni della cirrosi sopra elencate, anche lo sviluppo di un piccolo carcinoma epatocellulare è una possibile indicazione al trapianto di fegato.
Le principali controindicazioni al trapianto sono l’età avanzata (oltre i 65-70 anni), una patologia extraepatica grave e incurabile che costituisca un rischio operatorio significativo, una storia recente di cancro diverso da quello epatico e disturbi psicologici o psichiatrici che compromettano il follow-up.
Le corone dentali vengono utilizzate per ripristinare la forma e la funzione di un dente danneggiato.
Il bruxismo, ovvero il digrignamento dei denti, può causare un’usura prematura e spesso richiede l’uso di un tutore durante la notte.
Gli ascessi dentali sono infezioni dolorose che richiedono un trattamento tempestivo per evitare complicazioni. L’innesto gengivale è una procedura chirurgica che può curare la recessione gengivale. I dentisti utilizzano materiali compositi per le otturazioni perché riproducono il colore naturale dei denti.
Una dieta ricca di zuccheri aumenta il rischio di sviluppare carie.
L’igiene dentale pediatrica è fondamentale per far sì che i bambini acquisiscano buone abitudini igieniche fin dalla tenera età.